LA RIVOLUZIONE VITICOLA CHE PROVIENE DALLA BASILICATA

SABATO 10 GIUGNO A VIGGIANO LA PRESENTAZIONE

Già a Firenze lo scorso Marzo in occasione della presentazione del volume edito dall’Istituto Geografico Militare “Fra le montagne di Enotria” Forma antica del territorio e paesaggio viticolo in Alta Val d’Agri edito nell’ambito della più ampia ricerca su “l’Enotria, Grumentum e i vini dell’Alta Val d’Agri”, nella sua appassionata relazione, il curatore, Stefano Del Lungo – archeologo, ricercatore CNR ISPC e responsabile del gruppo di ricerca misto (CNR, CREA e professionisti dei settori archeologico e archivistico) che tra il 2021 e il 2022 ha elaborato i risultati dell’indagine – ha anticipato la sostanza della pubblicazione:

“La storia del vino come solitamente viene raccontata cambia volto e direzione in questo volume, il terzo prodotto dal gruppo di ricerca misto, CREA e CNR, che dal 2014 ha iniziato a elaborare i dati raccolti con l’esplorazione della Basilicata, nell’intento di valorizzare una biodiversità viticola storica sino a quel momento solo ipotizzata.

Tra i risultati non ci sono più i Greci che introducono la viticoltura in Italia ma, al contrario, si scopre un’Italia popolata nell’entroterra da chi sulla viticoltura ha fondato una civiltà. Dai contatti con i Micenei avuti dal XIV secolo a.C. in avanti gli abitanti distribuiti lungo la catena appenninica centro-meridionale si sono evoluti. I loro discendent sono apparsi progrediti ed esperti viticoltori agli occhi dei coloni greci sbarcati sulle coste ioniche nella seconda metà dell’VIII secolo a.C. L’Odissea conserva ancora la sorpresa e le sensazioni provate da
loro nel ritrovare all’altra estremità della rotta verso Occidente, «sul mare colore del vino», quei popoli tramandati dalle leggende marinare micenee, pratici nell’estrazione e lavorazione dei metalli così come in agricoltura.

Altrettanto viva nel ricordo è la diffidenza verso le terre lontane dalla costa, dove si racconta di popoli ostili, di sortilegi e di trappole senza scampo per i malcapitati che hanno osato addentrarsi. Scompaiono quindi le immagini care alle narrazioni sinora diffuse sulla storia del vino, con dei civilizzatori greci sprezzanti del pericolo che dominano con la loro superiorità culturale le terre appena conquistate, portando con sé la vite e il vino. Al loro posto subentra la concretezza di un processo contrario, con popoli e culture diverse che si incontrano, scambiano piante e informazioni, apprendono, accrescono e affinano la capacità di allevare la vite, di selezionarla e di produrre vino.

Lungo i principali fiumi lucani si snodano alcuni percorsi tratturali che permettono di raggiungere parti dell’entroterra ben lontane dalla costa. Riproducendo il cammino intrapreso dai più ardimentosi coloni siriti e poi sibariti, l’Agri viene risalito a ritroso dalla foce alla sorgente, raggiungendo le terre vitate della parte più alta (da cui il nome della DOC) e mettendole a confronto con quelle del Grottino di Roccanova, nel settore intermedio del fiume e a loro volta comprese in una Denominazione di Origine.

Seguendo la sola modalità possibile per ricostruire realmente un terroir, le indagini pedologiche e ambientali condotte nei due comprensori, gli esami ampelografici e le analisi genetico-molecolari interagiscono con le Scienze Storiche, Archeologiche ed Antropologiche, dal periodo miceneo all’età romana, e pongono in relazione paesaggi viticoli, forma del territorio, varietà, vigneti e palmenti in grotta, concentrati soprattutto nella porzione intermedia e finale del fiume. L’obiettivo comune è rendere la definizione varietale dei vitigni molto più accurata e salvaguardarne la biodiversità fino a rimetterli in produzione, confermando il buon esito delle vinificazioni sperimentali.

Il risultato complessivo è la creazione di una trama portante di nuovi concetti. Fonti testuali e riscontri materiali collegano l’alta Val d’Agri e la Basilicata al Terzo Centro di Domesticazione della Vite e alle varietà prodotte in ciascuna delle numerose realtà geografiche e storiche che lo costituiscono. La loro riscoperta rinnova sia la considerazione sconcertata degli autori classici sulla difficoltà di identificarli e descriverli tutti sia la fama raggiunta ben presto, accomunati entro l’etichetta romana di Lucanum. Il Consorzio di Tutela della DOC ha promosso la ricerca nel 2008 e ora con questo volume si completa la raccolta dei risultati.”

C’è voluto un team di tutto rispetto per raggiungere risultati così importanti e dargli solidità:

  • ANTONIO AFFUSO, archeologo, specializzato in Preistoria
  • VITTORIO ALBA, ricercatore agronomo del CREA (VE)
  • ANGELO RAFFAELE CAPUTO, ricercatore agronomo del CREA (VE)
  • TEODORA CICCHELLI, archeologa, specializzata sull’Età Classica
  • PASQUALE CIRIGLIANO, ricercatore agronomo del CREA (VE)
  • MARICA GASPARRO, ricercatrice biologa del CREA (VE)
  • DORANGELA GRAZIANO, laureata in Gestione e Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario
  • AGATA MAGGIO, demoetnoantropologa e biblioteconoma del CNR ISPC
  • FRANCESCO MAZZONE, enologo del CREA (VE)
  • ADDOLORATA PREITE, archeologa, specializzata in Preistoria e Protostoria
  • SABINO ROCCOTELLI, perito agrario (viticoltura ed enologia) del CREA (VE)
  • ANNARITA SANNAZZARO, archeologa, sull’Età Classica.